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“La terapia di sostegno”

“La terapia di sostegno”

di

Erica Fiacconi

La psicoterapia è una disciplina che si ispira a numerosi orientamenti e, per questo motivo, non è semplice trovare una definizione che comprenda tutti i paradigmi concettuali di riferimento.
Il processo psicoterapeutico possiede tuttavia degli elementi costitutivi irrinunciabili; Umberto Galimberti la definisce come un processo interpersonale, consapevole e pianificato, volto a influenzare disturbi del comportamento e situazioni di sofferenza con mezzi prettamente psicologici, per lo più verbali, ma anche non verbali, in vista di un fine elaborato in comune, che può essere la riduzione dei sintomi o la modificazione della struttura della personalità.
A livello di intervento, la terapia si interfaccia con i sintomi, con la struttura caratteriale della persona nel sostegno delle sue parti più funzionali, ma anche con l’esistenza nel suo senso più ampio.
In quest’ottica, la psicoterapia si delinea in una relazione di cura e, come tale, è imprescindibile dall’incontro di due persone.
E’ importante mettere in evidenza anche il “sostegno” che il terapeuta compie all’interno del percorso terapeutico a favore del paziente, nel momento in cui quest’ultimo si avvicina faticosamente alla consapevolezza del proprio disagio.
La psicoterapia di sostegno, infatti, si sviluppa secondo i criteri di introspezione e scoperta dei propri blocchi emotivi tipici del percorso psicoterapeutico, ma aggiunge un elemento di supporto che solo la comunicazione empatica può dare.
La sofferenza, così come la psicopatologia, riguarda la dimensione relazionale e solo in questa dimensione può essere compresa.

Anche il senso d’identità, oltre alla cura, è reso possibile all’interno di una relazione: la persona conosce sè stessa, nella misura in cui si sente riconosciuta e vista dall’altro. Tale riconoscimento si caratterizza in una continua condivisione di senso e di significati: narrandosi l’individuo trova l’accesso alla propria identità soggettiva e diventa consapevole delle proprie dinamiche interiori.
Il raggiungimento della consapevolezza costituisce l’obiettivo primario della psicoterapia: allorquando il paziente è più consapevole delle proprie risorse e dei propri nodi, acquisisce maggiori capacità per fronteggiare le difficoltà e per prendere decisioni future.
La psicoterapia è un tragitto che tiene conto di una dimensione spazio-temporale: i vissuti assumono significato nel presente proprio in quanto collocabili in un tempo passato, e acquisiscono senso nella misura in cui si collegano ad un’ipotesi di non-ripetizione disfunzionale in un tempo futuro.
Il paziente passa così dall’elaborazione della propria sofferenza ad un’attivazione più consapevole, che lo spinge verso la realizzazione di una vita più soddisfacente.
Il terapeuta (da greco tèraps ovvero servitore o compagno) accompagna il paziente nel suo viaggio interiore, aiutandolo a rimuovere gli ostacoli che lo bloccano e rinforzando la capacità di ad-gredire (dal latino andare verso) un oggetto di desiderio o un obiettivo.
In questo senso, la psicoterapia si potrebbe definire come un percorso esistenziale nel quale il paziente si riappropria della propria storia, comprende la condizione in cui si trova e, facendo leva sulle proprie risorse autonome, modifica ciò che è meno funzionale.
La terapia è potenziata se il terapeuta entra con partecipazione nel mondo del paziente, in quanto l’essere visti appieno e l’essere capiti sul serio determina enorme beneficio, naturalmente.
Si tratta dell’ avvicinarsi alla visione del mondo della persona cui ci accostiamo, entrare nelle sue parti ombrose, per uscirne con un elemento di chiarificazione esplorato congiuntamente.
Nel sostenere la parte funzionale del paziente, è utile usare la tecnica maieutica (dal greco maia = levatrice e téchne = arte o tecnica), che indica l’attitudine della levatrice a cui Socrate faceva riferimento per alludere al proprio metodo dialogico. Proprio come il filosofo usava fare con propri allievi, il terapeuta utilizza il dialogo per “portare alla luce” la verità dei pazienti, senza giudizio e senza imporre il proprio pensiero.
In questo modo l’atto terapeutico si trasforma quindi in un processo di auto-svelamento, in cui il paziente impara a camminare con le proprie gambe, per effettuare la transizione dal sostegno ambientale all’auto-sostegno.

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